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| Sì, ci costa fatica e fastidio vedere come altrove si muore facilmente. Chi non ha mai viaggiato in qualche paese povero non riesce a comprendere quanto il nostro pezzo di mondo dove viviamo sia fortunato. Ora, per varie vicissitudini, si sono generate delle dinamiche che tentano di riequilibrare questa disparità. Purtroppo non funziona come col principio dei vasi comunicanti, dove per raggiungere il medesimo livello basta lo spostamento del liquido: il benessere è il risultato di fragili equilibri (lo abbiamo visto durante questa crisi), e non è distribuibile gratuitamente in quantità infinita. Il benessere non è una condizione a sé stante, ma è la risultante di un sistema dinamico ed efficiente dove ogni soggetto compie la propria parte. Tanto più il sistema è efficiente, maggiore sarà il livello di benessere ridistribuito. Il problema migranti non risiede nella disponibilità di dare un alloggio: quello è solo il primo passo. Il problema è nella capacità del sistema di assorbire e rendere attivi questi nuovi soggetti, affinché partecipino anch’essi alla produzione di benessere. Come ho già detto, sarà il mercato del lavoro la discriminante del futuro che ci attende: se saremo in grado di gestire questa nuova condizione potremo anche trarne beneficio. Nuovi lavoratori significa nuovi consumatori, quindi il sistema invece di incepparsi si arricchirebbe di nuovi meccanismi. Pensiamo quanti dei vecchi immigrati (pakistani, algerini, egiziani, rumeni, albanesi…) sono ormai soggetti attivi del nostro mondo economico. Dalla nostra capacità di condividere ed offrire occasioni con questi nuovi soggetti dipenderà il futuro di tutti, non solo dei migranti.
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